Cibo per l’anima (2)

Cibo per l’anima (2)

Nutrirsi di cibo per l’anima.
Vi è mai capitato di essere a tavola con qualcuno e stare così bene che quasi non vi interessava il sapore dei cibi? L’orologio non c’era più. Era tutto buono … perché stavamo bene. La relazione nutriva le nostre esigenze alimentari di condivisione. Le risorse alimentari messe in campo per sfamare erano di tipo relazionale.

Facciamo un altro esempio: il profumo degli spaghetti allo scoglio ci ha rapiti dall’attimo presente. Stavamo passeggiando sul lungo mare facendo tutt’altro ed il ricordo di quando abbiamo mangiato quel piatto tipico della domenica estiva sul lungo mare irrompe prendendo la sfera sensoriale… ci compare un sorrisino ebete in faccia perché siamo stati catapultati in un altro spazio-tempo! Quel ricordo arriva dall’aver associato al cibo anche il piacere delle ferie, dello svago estivo, aver nutrito anche l’anima, non solo il corpo. Infatti, quando ci sediamo per mangiare in fretta fra una cosa e l’altra ed il cellulare in mano, non ricordiamo nulla, nemmeno cosa abbiamo mangiato.

Cibo per l’anima – Referral Tasting – Business a tavola – Claudio Messina

Altro esempio, so che al mio partner professionale piace un sacco il profiterole, perché l’ho visto coi miei occhi fermare tutto e tutti: “silenzio, adesso c’è il mio momento gustativo, il mio dolce preferito!”. Come credete si sentirebbe se, invitandolo fuori a cena, gli facessimo trovare il profiterole? Occhi sbarrati: “ma ti sei ricordato?” Non credete anche voi che la sorpresa lo faccia sentire curato? Nutrito nella relazione, più che nel ventre in sé per sé … anche perché magari l’avrebbe orinato da solo il profiterole, dalla carta. Sono il gesto e la sorpresa a curare la sfera umana.

Allora vedete già da questi esempi cosa intendo con valore intangibile, ma potente, del cibo per l’anima. Ho voluto raccogliere molti racconti e testimonianze come queste accorgendomi che possiamo trovarci nutriti e denutriti allo stesso modo davanti alla stessa tavola imbandita ricca di ogni bene. Non è buono ciò che è buono! È buono ciò che piace in base alle esperienze vissute.

Ma perché tutte queste attenzioni nel business a tavola? Formalità e distacco sono la base della sensazione professionale massificata, quindi mi rendo conto che questa domanda potrebbe balenare, non a torto. Se ci comportassimo così, se tutti spegnessimo le emozioni ed indossassimo gli stessi panni in modo standard, da un lato saremmo certi di fare mediamente la cosa accettabile: abbiamo fatto una bella figura, ma dall’altro lato? Con il nostro miglior cliente o partner, vogliamo un plauso standard perché siamo stati nei canoni di buon comportamento, oppure vogliamo creare relazione e fiducia? Come fidelizziamo le relazioni professionali? Di sicuro evitiamo di standardizzare gli incontri di business a tavola iniziando a dare priorità alla persona e al cibo per l’anima.

Cibo per l’anima – Referral Tasting – Business a tavola – Claudio Messina

L’anima del nostro ospite a tavola, di cosa si nutre? Occorre mettere in campo ascolto attivo, empatia e sensibilità. Chiedendo ad esempio, se mangiano o meno la carne, siamo attenti alle sue esigenze interiori. Se chiediamo le esigenze alimentari in tema di intolleranze, siamo attenti alla sua salute, che si abbina all’interiorità liberando da preoccupazione e ansie, che non renderebbero serena la persona a tavola. Sappiamo se il nostro ospite viene da fuori e sarà stanco? Sappiamo se ha difficoltà a parcheggiare in centro e a camminare a lungo per raggiungerci? Con domande simili a queste ci stiamo prendendo cura della relazione a tavola creando la base per cibare l’anima oltre che il corpo.

Credo che così ci si possa sentire in sintonia e più predisposti a scambiare opportunità di affari

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