Un buon caffè può sviluppare dagli 800 ai 1000 aromi differenti fino a comporre quel bouquet tipico che riconosciamo ogni volta che ci viene servito un espresso.
Alcuni (pochissimi al mondo) palati sopraffini riescono a soffermarsi sulla quasi totalità di queste “tonalità di aroma”, riuscendo a descriverle sulla base della tipologia, della provenienza e della tostatura del singolo chicco. Ma questa è solo un’analisi organolettica che coinvolge solo due, al massimo tre, dei nostri sensi.
Il vero gusto del caffè lo troviamo nel momento in cui usciamo dalla semplice degustazione fisica e andiamo ad analizzare tutto quello che, per noi, vale quella tazzina ed il suo contenuto.
Alcuni anni fa, mentre mi stavo dirigendo verso il lago Maggiore per un incontro con un possibile partner di un progetto a cui stavo lavorando, mi accorsi strada facendo di essere distratto, in qualche modo appesantito dagli ultimi giorni in cui gli impegni erano stati intensi, sentivo che il focus sull’argomento di cui avrei dovuto trattare in maniera approfondita e convinta era molto labile. Nella prima metà del tragitto in autostrada avevo risposto ad una mezza dozzina di telefonate in cui avevo risolto altrettante problematiche, mentre invece mi ero ripromesso che avrei fatto mentalmente il punto della situazione e, come mia abitudine, avrei ripetuto a voce alta i punti chiave per fissarli in mente. E invece no, non ero concentrato, non mi sentivo focalizzato e avevo come una sensazione di “mancanza di qualcosa”.
Mi fermai in un Autogrill per ordinare un caffè pensando alla semplice soluzione che avrebbe portato la caffeina sulla mia attenzione. Arrivato al banco però, dopo aver fatto lo scontrino, feci una cosa che di solito non faccio mai: ordinai un caffè ristretto nel bicchierino di vetro.
Fu in quel momento che mi venne l’ispirazione, nell’esatto istante in cui mi sentii come il calzolaio con le scarpe rotte: da tempo stavo sviluppando la mia teoria sulle tre figure chiave della relazione (l’Io, il Tu ed il Noi) e realizzai che in quel momento stavo trascurando quella che in quel preciso periodo era la più importante, ovvero l’Io. Mi ricordo ancora che arrivarono in sequenza rapida tre messaggi su Whatsapp, presi il telefonino e lo spensi rimettendolo in tasca.
A quel punto mi concentrai su quel semplice gesto che avevo appena fatto, ovvero ordinare un caffè, e provai a pensare a quante cose non proviamo o tralasciamo per l’eccessiva fretta nel momento in cui prendiamo in mano la tazzina e, in tutta fretta, trangugiano un caffè senza quasi sentirne appieno il sapore.
Pensai che avessi chiesto il caffè in un contenitore di vetro per poterlo osservare, per poter guardare con attenzione una cosa che da anni mi dava sostegno tangibile. Iniziai a pensare a quante cose gravitano attorno a quella bevanda di uso comune, e le pensai rivolte a me. Quanti eventi e quante situazioni mi portava alla mente l’aroma, quanti nomi e quanti volti avevo guardato dietro il bordo di una tazzina mentre bevo una gustosa bevanda calda, quanti ricordi, quante cose dimenticate in quanto sepolte da anni di routine, ma soprattutto riuscii a vedere in maniera chiara il mio progetto ed il perché avrei avuto così tanto piacere ad avere in squadra la persona che stavo andando ad incontrare.
Quel caffè mi stava dando sensazioni ed “aromi intangibili”, quei pochi decilitri di liquido scuro riuscivano ad aprire porte della mia mente che gli impegni e le problematiche impellenti avevano socchiuso. Ma alla fine la cosa estremamente preziosa che realizzai fu che porre attenzione in qualcosa che normalmente facevo in modo quasi meccanico, ripetitivo, mi aveva sbloccato internamente, per certi versi mi aveva riallineato alla positività ed alla proattività nei confronti del progetto di cui stavo andando a parlare ad una futura relazione che ancora non conoscevo.
La vera lezione che ho tratto quel giorno in autostrada, fermo in un Autogrill, fu che la regola del non tralasciare e non dare per scontato niente o nessuno, la dovevo applicare anche a me stesso, cosa che da allora faccio nei momenti in cui ne sento il bisogno.
Concentrarsi su qualcosa che ci è familiare, che dà piacere ai nostri gusti tangibili, ci aiuta e ci nutre in maniera intangibile restituendoci, il più delle volte, sensazioni e ricordi che pensavamo passati o perduti.
Da allora lo racconto agli amici, lo insegno nei miei incontri di business, ed esorto i professionisti che seguono i miei workshop a farlo: fermarsi ad assaporare, a gustare, tutto ciò che facciamo, cercando in ogni modo di uscire dal banale nutrimento fisico e di andare a cercare in continuazione il cosa e il perché ci fa stare bene.
Questa è la base della gestione, della degustazione e del nutrimento della relazione. Partire dall’Io per incontrare un Tu che possa generare un Noi, senza però dimenticare di tornare, ogni tanto, alla base di partenza: a sé stessi.
Da anni intervisto persone di ogni genere, età ed estrazione sociale, per comprendere sempre meglio come individuare e correggere tutti i piccoli e grandi errori che influenzano il corretto sviluppo e la prosperità delle nostre relazioni. Se anche tu sei interessato a questo argomento contattami, sono sempre pronto a condividere esperienze e idee con gli altri.